Ritartto
e storia di un grandissimo campione
Falcao, un purosangue
Elegante, aristocratico, giocatore completo. Raramente sui campi italiani
si era visto un uomo-squadra di quelle dimensioni. Trascinerà la Roma
allo scudetto, giocherà fino al dicembre 1984. Dopo, un triste e polemico
addio
Ma chi era Paulo Roberto Falcao? Innanzitutto un ragazzo accompagna to. anche
in campo. da un naturale senso aristocratico. I suoi gesti atletici erano autorevoli
ed eleganti, i suoi comportamenti corretti e discreti; il suo sorriso aperto
induceva all'amicizia. Riservatissimo nella vita privata. Una grata compagnia,
per chi -come un giornalista. è impegnato in un lungo viaggio professionale.
Un emerito critico redasse per lui questa pagella tecnica: Destro: 10, sinistro
9, dribbling 10, gioco aereo 9, calci piazzati 9, contrasti 9, scatto 9, tattica
10, personalità 10. Dietro questi voti, se fossero tutti aderenti, si
nasconderebbe uno dei più grandi fuoriclasse di tutti i tempi.
Certamente
appare adeguato il «10» conferito a Falcao per tattica e personalità.
Aveva la sensibilità febbrile del purosangue che sente odor di vittoria;
intuiva lo svolgimento dell'azione e al suo sbocco c'era di nuovo lui, come
in un agguato. Falcao giocava, in ogni partita, più palloni degli altri
dieci compagni messi insieme. Il suo movimento incessante e ispirato teneva
la squadra unita come in un diosegno ideale non scomponibile: era questo, il
segreto del suo gioco. Si poteva cquivocare, e ritenerlo un damerino schifiltoso.
E si poteva avere la tentazione di metterlo in soggezione. Chi ci ha provato,
ancora se ne pente. Paulo Roberto era una carogna, detto in senso buono, tanto
per rendere l'idea. Dopo il famoso gol di Turone, quando si accese la disputa
ideologica tra le due squadre e sfumò uno scudetto-sorpresa che avrebbe
anticipato i tempi previsti da Dino Viola, fu lui a soffrirne maggiormente:
l'ultimo arrivato, il brasiliano, lo straniero. Ne fece una questione di dignità
personale, e ogni volta che si annunciava un Roma-Juve, Falcao lanciava il grido
di guerra. «Questo è il mio derby», proclamava. I suoi giudizi
sulla Juve in apparenza sfioravano appena, ma lasciavano un segno profondo,
come una lama affilata che sembra accarezzare. Il suo urlo di vittoria, quando
il Brasile affrontò l'Italia nei quarti di finale dei Mondiali in Spagna
e Falcao segnò il provvisorio gol del pareggio, lacerò l'aria
e fu sopraffatto solo da quello di Tardelli, nella finale contro la Germania:
non sembrava, ma nella diversità erano uguali, in fatto di temperamento.
Un cavaliere antico in un giuramento d'onore: questo era Falcao in campo
Chi é quel
mostro?
Siccome la critica non poteva capire tutte queste cose insieme, al suo apparire
disse che Falcao era un brasiliano atipico. Che significa atipico? Roberto Baggio
è un italiano atipico? Baggio è un fuoriclasse inquadrato nella
sua caratteristica personalità, che non èassolutamente atipica:
anzi è tipica del fuoriclasse. Falcao era un fuoriclasse brasiliano inquadrato
in una personalità caratterizzata dalle intuizioni di gioco, prima ancora
che dai movimenti tecnici. La continua corsa dietro la sua lungimiranza, lo
portava ad un movimento incessante che escludeva i preziosismi: perchè
i tempi della battuta -possesso del pallone e rilancio- non lo permettevano.
E se Falcao atipico era, lo era in senso assoluto, non come brasiliano Una cosa
è certa: raramente il campionato italiano ha visto un uomo-squadra come
lui, e mai la Roma ne ha posseduto uno di pari bravura, con tutto il rispetto
per i suoi celebrati idoli. C'era Falcao: ecco perchè lo scudetto stava
per arrivare (era arrivato) subito e inatteso.
Che brutto addio!
Era stato Dino Sani, un altro emerito uomo d'ordine che aveva miIitato nel
Milan nei primi anni '60, ma che al contrario di Falcao aveva un incedere ragionato
e contenuto, a capire che quel ragazzo biondo, Paolo Roberto, aveva le stimmate
del fuoriclasse. Sani allenava l'lnternacional e fece presto esordire Falcao
in prima squadra. Guidato dalla lucida razionalità del «biondo»,
così lo chiamavano i compagni di squadra, l'Internacional vinse cinque
volte il campionato regionale e due volte il titolo brasiliano. Dopo aver partecipato
con la squadra Olimpica al torneo Monaco 472, Falcao esordì in Nazionale
con una clamorosa vittoria sull' Argentina a Baires, nel 1976. Prima di trasferirsi
alla Roma, Falcao riuscì a vincere per la terza volta il titolo nazionale
brasiliano.
Quanto sarebbe bello, se il racconto della sua storia giallorossa si concluilesse
qui. I! racconto invece continua e finisce male. Attraverseremo le quattro,
strepitose stagioni di Falcao romanista: vedremo i successi, il suo cordiale rapporto
con la città, il geloso affetto dei tifosi. La deposizione di Amedeo
Amadei dal trono di VllI re di Roma, e l'elezione di Paulo Roberto. E arriveremo
al dicembre 1984, quando Falcao si infortuna al ginocchio sinistro. Malconcio,
gioca a Napoli, 16 dicembre, l'ultima partita in giallorosso: segna il gol della
vittoria (2-1) come se volesse lasciare il segno; come se capisse la soluzione
fmale. Anticipando tutti, ancora una volta.
Il ginocchio si gonfia, Falcao decide di farsi operare negli USA, a Columbus
di Georgia.
La Roma è contraria, ma lo lascia fare. Poi si trasferisce in Brasile,
a Campinas vicino San Paolo, dove si affida alle cure del fisioterapista di
fiducia, Nivaldo Baldo. La Roma comincia a sollecitare notizie precise sulle
sue condizioni: ci sono molte contraddizioni, nascono i primi malintesi. A metà
maggio Falcao si sottopone ad una visita di controllo del prof. Andrews (che
lo aveva operato) convocato a Roma; all'Acquacetosa sono presenti anche il prof.
Santilli del Centro di Medicina Sportiva e il dotto Alicicco. Insomma, è
una specie di visita fiscale. Falcao viene dichiarato guarito e il 24 maggio
gioca in amichevole a Subiaco. La stagione termina così, tra esibizioni
amichevoli di Paolo Roberto che hanno l'aspetto di un rattoppo. I! ginocchio
stenta: lui smentisce ma il disagio fisico traspare. In giugno Falcao si accinge
a partire per il Brasile, ma la Roma lo convoca per una visita di
controllo, stavolta ufficiale, all'Acquacetosa: Falcao rifiuta. Il 2 luglio
la Roma lo licenzia. Imotivi: 1) Falcao è stato inattivo per oltre sei
mesi, 2) non si è presentato alla visita medica fIscale.
Ne scaturisce una furibonda polemica; il legale del giocatore, avv. Colombo,
dichiara che Viola «è più crudele di Nerone». L'opinione
diffusa è che il presidente, non fidandosi delle condizioni fisiche del
campione, miri a non rispettare il credito di tre miliardi che Falcao vanta.
La disputa, portata in sede federale, si conclude il 2 agosto 1985. Il Consiglio
di Disciplina, con sentenza inappellabile, dà ragione alla Roma. Viola
dice di sentirsi triste, come la sera in cui la Roma aveva conquistato lo scudetto.Triste,
dopo aver clamorosamente vinto entrambe le volte? Dino Viola era fatto così:
aveva talvolta pensieri e sentimenti misteriosi.
Tratto da La mia Roma del Corriere dello Sport
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